San Martin 2015, le fotografie di un'antica festa popolare che si rinnova ogni anno. - Fiemme e Fassa - utilità, eventi, cinema, notizie

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Cenni storici di Francesco maestro Gabrielli e 477 fotografie
Poco dopo il suono dell'Ave Maria, quando ormai sono passate le otto, si accendono improvvisamente fuochi grandiosi sui fianchi delle montagne. E' punto di orgoglio dei vari rioni riuscire a far salire le fiammate più in alto di tutti.

Mentre i fuochi ardono, su Predazzo dall'alto piovono rintocchi isolati di campanacci, suoni di corno di vacca o di capra che preludono alla seconda parte della festa tradizionale, non più soltanto visiva, ma sonora.

Infatti, mentre i fuochi si abbassano, da essi i gruppi rionali si precipitano nella piana del paese scuotendo campanacci e bidoni, battendo ogni oggetto che faccia rumore, dalla sega circolare infilata in un palo, sostenuta da due giovani e percossa da un terzo, ai recipienti di latta; ci sono corni, trombe, tromboni, trombette e tamburi.

Riguardo all'origine della festa ben poco si può dire: fino a qualche decennio fa questa tradizione era più semplice, limitata ai fuochi intorno ai quali i giovani giravano agitando vecchie scope infuocate. Quest'ultimo particolare ci ricorda i riti magici. Il fuoco stesso è elemento indispensabile in ogni stregoneria.

Popolarmente è viva anche questa spiegazione: l'11 novembre avveniva in tutte le comunità rurali il regolamento dei conti, dei fitti, dei prestiti, dei debiti: a Predazzo poi in questo giorno la Regola Feudale 'spartiva', distribuiva un dividendo dei proventi ricavati dallo sfruttamento agricolo e forestale della montagna del Feudo (Monte Feudo) tra tutti i capifamiglia 'vicini' che costituivano una parte notevole – due terzi circa - di tutti i 'fuochi' o famiglie. Nulla quindi di meglio che celebrare con un po' di castagne e vino (comperati fuori valle) e con i falò la fine di un debito, la soluzione di un pegno, la manna di qualche lira che invitava ad aver fiducia, di fronte all'inverno imminente, nella fertilità dell'annata successiva.

La festa non contiene tradizioni culinarie, chiaro segno delle origini in cui si sono tramandati questi riti propiziatori, in una popolazione contadina dalla vita semplice e misera. Assente è anche un costume tipico, i giovani dei due sessi vestono modestamente, tutt'al più rispolverano certe vecchie "braghe", gilè o i lunghi mantelli neri di una volta; numerosi i cappellacci, gli zoccoli e gli scarponi.

I gruppi dei rioni predazzani, scesi dai loro falò, in un baccano assordante, percorrono a passo svelto le vie del paese, fermandosi di tanto in tanto a piccoli gruppi per improvvisare un ritmato concerto. La serata ha termine in piazza S.S. Filippo e Giacomo con un concerto d'assieme: tutti contemporaneamente cercano di estrarre dal loro strumento il suono più forte, potente, stridulo e, in un frastuono erogeneo accompagnato da un'allegra euforia, scacciano dal paese gli spiriti maligni dell'inverno.

La tradizione dei fuochi di San Martino si è rinvigorita negli ultimi anni sia nella grandiosità e sonorità della manifestazione serale che in tutte le fasi preparatorie che la precedono per tutto il mese di ottobre. La raccolta della legna tiene impegnati numerosi ragazzi, che vi dedicano i tiepidi pomeriggi d'autunno: cercano rami d'abete, di larice, di pino, piante secche, per costruire la catasta ("asa" nel dialetto predazzano), un tempo semplice, ma divenuta negli ultimi anni una vera opera d'arte, raffigurante ogni anno un oggetto o un simbolo sempre diverso. L'ultima domenica di allestimento, da qualche anno, i rioni invitano i paesani ed i vallgiani alla visita, offrendo vino e castagne.

maestro Francesco Gabrielli "Everardo"



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